Psicoterapia

Approccio Sistemico-Relazionale

Questo approccio ebbe origine a partire da un vasto movimento di teorie e idee diffuse negli Stati Uniti durante gli anni cinquanta, in particolare le teorie della prima e seconda cibernetica. La “Scuola di Palo Alto” e il “Mental Research Institute“, con i loro maggiori esponenti (Gregory Bateson, Don D. Jackson, Jay Haley, Paul Watzlawick), furono i principali centri di sviluppo della terapia sistemica familiare. Affonda le quindi le proprie radici nei contributi alla studio della comunicazione e dei sistemi e quelli psicodinamici, che oggi chiameremo relazionale, orientati allo studio trigenerazionale della famiglia, con il contributo di pionieri quali N. Ackerman, I. Boszormenyi-Nagy, J. Framo, M. Bowen, C. Whitaker.

Secondo l’approccio sistemico-relazionale i sintomi e il disagio del singolo individuo sono il risultato di un intersecarsi complesso tra esperienza soggettiva, qualità delle relazioni interpersonali più significative e capacità cognitive di autovalutazione della propria situazione. I concetti di base derivano dalla teoria dei sistemi e dalla cibernetica: ad esempio, tra i molti altri, quello di “sistema” e quello di “causalità circolare”. (per approfondimenti si veda Origini e storia della Terapia familiare).

 

Il mio approccio

L’approccio Sistemico-Relazionale è quello in cui principalmente mi riconosco e faccio riferimento (mi sono formato presso una scuola “Sistemico-relazionale”). Essendo però anche Psicologo sono sempre interessato ai contributi che altri indirizzi teorici, di ricerca e clinici forniscono alla pratica psicoterapeutica; ciò mi orienta verso un interessante e responsabile ecclettismo.

 

Scuole Sistemiche

Numerose scuole di formazione in Italia possono essere definite “sistemiche”. In un libro di Francesco Bruni e Giuseppe De Filippi (2007) dal titolo “La tela di Penelope: origini e sviluppi della terapia familiare” è riassunta la complessità di tale approccio da un punto di vista storico in Italia (Bibliografia). Navigando sui siti delle diverse scuole è possibile avere informazioni sulla provenienza e la storia di ognuna di loro (si veda la sezione Siti Internet Utili).

 

In Italia

In Italia, a cavallo tra la fine degli anni sessanta e settanta, Mara Selvini-Palazzoli (1916-1999) a Milano, poi Luigi Cancrini a Roma introducono l’approccio sistemico nella pratica clinica e psicoterapeutica. Si formeranno poi i cosiddetti gruppi “Milanese”, “Romano” e poi di “Bari”. La Scuola di Milano fondata nel 1968 da Mara Selvini-Palazzoli importa ed elabora le teorie sistemiche di Palo Alto, il primo gruppo romano guidato da Luigi Cancrini si lega maggiormente alle idee strategico-strutturali di J. Haley e S. Minuchin. Da tali gruppi gemmeranno e si svilupperanno numerose scuole di formazione sia dei “padri” della psicoterapia sistemico-relazione, che dei “figli” e poi dei “nipoti”. I padri della psicoterapia sistemica, prima psicoanalisti, inaugurano un modo diverso di fare Psicoterapia prendendo spunto dagli studi sulla comunicazione di Palo Alto (California), dal pensiero di Gregory Bateson, e poi da numerosi autori che Maurizio Andolfi ha definito “I pionieri della terapia familiare” (2003). Ne elenchiamo qui solo alcuni: Murray Bowen, Nathan Ackerman, Jay Haley, la stessa Mara Selvini Palazzoli, Milton Erickson, Salvador Minuchin, Carl Whitaker, Virginia Satir, James Framo.

Il Milan Approach di Selvini, Boscolo, Cecchin e Prata ha rivoluzionato il modo di fare Psicoterapia ed ha avuto un rilievo di importanza internazionale.

 

Caratteristiche

L’approccio sistemico ha come oggetto di studio privilegiato quanto avviene tra le persone e non le caratteristiche delle singole persone (le interazioni e le relazioni). Si pone attenzione alla comunicazione, alle interazioni, alle relazioni dei componenti il “sistema”. Centrale è l’analisi della totalità nel quale si colloca l’elemento singolo. Esempi di sistema sono: la famiglia e la coppia, ma anche l’individuo è un sistema. La psicopatologia non è vista come problematicità del singolo, ma come risultante di un sistema disfunzionale.

 

Evoluzioni teoriche

Dallo studio dei sistemi, della comunicazione e delle interazioni ci sono state evoluzioni teoriche con importanti ricadute sulla pratica clinica: pensiamo ai contributi delle neuroscienze per capire il funzionamento della mente riflessiva, l’empatia, i neuroni specchio, il cosiddetto “implicito”; il passagio dalla cosiddetta cibernetica di primo ordine (dei sistemi che osservano), a quella di secondo ordine (sistemi che si osservano), a quella di terzo ordine (dei sistemi culturali e linguistici), il costruttivismo, il costruzionismo sociale, il narrativismo. Inoltre oggi sembra esserci un importante riavvicinamento tra le scuole di psicoterapia, quantomeno su un piano teorico e di riflessione che porta a sottolineare delle tematiche comuni. Ha scritto Margherita Spagnuolo Lobb (2004): “E’ emersa una disponibilità nuova nel mondo della psicoterapia ad aprire le frontiere interne e interrogarsi su temi clinici che tutti – con linguaggi teorici diversi – affrontano“.

 

Tecniche

Sul piano della tecnica, esiste un notevole eclettismo; la terapia sistemica è piuttosto un modo generale di pensare che una pratica di intervento puntualmente definita (Sanavio e Cornoldi, 2001). 

Figure di riferimento

Bateson, Gregory (Grantchester9 maggio 1904 – San Francisco4 luglio 1980)
E’ stato un antropologosociologo e psicologo britannico.

Due delle sue opere più influenti sono Verso un’ecologia della Mente (Steps to an Ecology of Mind1972), e Mente e Natura (Mind and Nature1980). In vita, Bateson era famoso soprattutto per aver sviluppato la teoria del doppio legame per spiegare la schizofrenia.

E’ stato l’ispiratore dei lavori del Mental Research Institute di Palo Alto in California (conosciuta in seguito come Scuola di Palo Alto), che rivoluzionò l’approccio alla interpretazione della malattia mentalee ispirando un approccio alla  psicoterapia alternativa alla psicoanalisi tradizionale, che si occupava principalmente del campo delle nevrosi e quindi era disgiunta dall’area delle psicosi e dei più gravi disturbi di personalità. Bateson può essere considerato il padre della terapia familiare ad orientamento sistemico.

Watzlawick, Paul (Villach, 25 luglio1921 – Palo Alto, 31 marzo 2007) è stato uno psicologo e filosofo austriaco naturalizzato statunitense, eminente esponente della statunitense Scuola di Palo Alto, nonché seguace del costruttivismo, derivante dal pensiero relativista del costruttivismo filosofico. Inizialmente di formazione psicoanalitica junghiana, successivamente fu tra i fondatori e tra i più importanti esponenti dell’approccio sistemico. Lavorò a lungo al Mental Research Institute.
Insieme a Beavin, J.H., Jackson, D.D., ha scritto uno dei libri più influenti dell’approccio sistemico e della psicologia della comunicazione umana: “Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi”.
 
Don Jackson
 
Nathan W. Ackerman (1908-1971)
 
Nasce nel sud della Russia in una famiglia agiata di commercianti ebrei che emigrarono negli USA nel 1912 e aprirono una farmacia. Pratica la psicoanalisi infantile per molti anni anche se già nel 1937 scrive un primo articolo sulla terapia familiare, disciplina che abbraccia poi completamente nel proseguimento della sua vita.

Virginia Satir (1916-1988)
Virginia nacque il 26 giugno 1916 nella fattoria dei genitori a Neillsville, in Wisconsin, Stati Uniti. La famiglia di origine proveniva dalla Germania. Il padre era il più giovane di tredici figli, era un contadino ed aveva avuto una scarsa educazione familiare, per questa Virginia dirà “Io penso che mio padre si sia sentito sempre tradito per questo motivo”, forse Virginia faceva riferimento alla dipendenza dall’alcol del padre. Virginia Satir ha sviluppato un approccio umanistico integrato.
 
Boszormenyi-Nagy, Ivan
 
James Framo (1916-2001)
 
E’ nato a Filadelfia, terzogenito di cinque figli, in una famiglia italiana di cultura napoletana/calabrese, una famiglia vivace ed espressiva, ma piena di contrasti, specie per il temperamento del padre, un attore/cantante con cui James non ebbe facile rapporto. Sviluppa un modello originale di terapia di coppia intergenerazionale.
 
Jay Haley (1923-2007)
 
Ha conseguito un M.A. (Master) in Fine Arts, diventa ricercatore al Mental Research Institute di Palo Alto,  e segue poi il lavoro sull’ipnosi di Milton Erickson. Sviluppa infine l’approccio strategico presso la Child Guidance Clinic a Philadelphia.
 
Murray Bowen (1913-1990)
 
Nasce in uno sperduto borgo del Tennessee da una grande famiglia che ha un’impresa di pompe funebri. Ha una formazione decisamente psicodinamica all’Istituto di Karl Menninger. Inventa la Family System Theory con i concetti fondamentali della differenziazione del Sé dalla propria famiglia d’origine.
 
Salvador Minuchin (1923)
 
È uno dei pochi pionieri viventi ed ancora operanti. Nato in Argentina da una famiglia di ebrei russi ivi immigrati, cresciuto in un contesto patriarcale, Minuchin ha tratto dalle sue esperienze di vita infantili il senso della struttura familiare come sede di organizzazione, di interdipendenza, di regole per salvaguardare sia il funzionamento del sistema familiare nel suo complesso che i margini di libertà di ciascun componente.Il modello strutturale e la terapia familiare con i bambini sono i  suoi contributi più originali.
 
Carl Whitaker (1912-1995)
 
Personaggio autorevole, ma isolato. Per lui la terapia è un prolungamento del proprio modo di essere. Si laurea in medicina e si specializza in ginecologia. Cresce prima nella stato di New York in una fattoria abbastanza isolata. Sposa Muriel ed ha sette figli, vive a Madison, Wisconsin. Insegna al Department of Psychiatry della Madison University ed è il leader della terapia simbolico-esperienziale.
 
Mara Selvini Palazzoli (1916-1999)
 
Nata a Milano in una famiglia dai turbinosi ritmi di vita anche per l’originalissima e intraprendente personalità del padre, questa donna straordinaria è riuscita a sopravvivere psicologicamente agli stress dell’infanzia e del difficile rapporto con i genitori grazie alla sua capacità di resilienza, ossia di quel fattore positivo in grado non solo di superare, ma di rendere produttivi eventi e condizioni di vita altrimenti negativi. Ha un’impronta prevalentemente clinica, fondamentali i suoi lavori sulle psicosi e i disordini alimentari.
 
Cecchin, Gianfranco (1932 – 2004)
 
Medico, psichiatra, psicoterapeuta italiano, fondatore – insieme a Mara Selvini Palazzoli, Luigi Boscolo e Giuliana Prata – del movimento di terapia familiare sistemica oggi noto in gran parte del mondo come “Milan Approach”.
Rientrato a Milano da New York, dove aveva studiato e lavorato fino alla fine degli anni 60, fu chiamato assieme all’amico Luigi Boscolo e a Giuliana Prata da Mara Selvini che intendeva costituire un’équipe di terapia familiare per curare la schizofrenia e l’anoressia nervosa.
Fino agli anni 80 partecipò al Milan Team: nel 1980 divenne co-direttore – con Luigi Boscolo – del “Centro milanese di terapia familiare”; insieme portarono il nuovo Modello Milanese nel mondo attraverso conferenze e seminari. La carriera di Cecchin si svolse tra gli anni 90 e i primi anni del 2000 parallelamente a quella di Luigi Boscolo.
Le idee che maggiormente caratterizzarono la sua opera furono quella di curiosità, preferita alla neutralità e quella di irriverenza. Approfondì e nobilitò il concetto di pregiudizio. Dal momento che non è possibile non avere un pregiudizio, questo diventa, non ostacolo ad una comprensione “pura” ed “oggettiva” ma potente strumento di conoscenza.
Il suo pensiero mostra una stretta parentela col decostruzionismo e il postmodernismo. Come terapeuta, lo si colloca generalmente nella cornice del conversazionalismo e dell’approccio narrativo, sebbene non abbia mai perso occasione di dichiarare la sua irriducibile fiducia nel “pregiudizio” sistemico (anzi, scherzando, usava rivendicare il suo “integralismo sistemico”).

Lo psicoterapeuta

Definizione

È “la persona alla quale si chiede aiuto per risolvere i problemi e il disagio esistenziale, colui/lei che ha dedicato la sua vita a formarsi nell’aiuto terapeutico, che conosce le strategie adeguate e le differenti tecniche da applicare, possiede una filosofia terapeutica e sopratutto è motivato ad aiutare, per la sua storia personale e la vocazione a una professione di aiuto. Eticamente è responsabile del trattamento ed è tenuto a tenere sempre presente che, chi soffre e si colloca in una posizione di dipendenza dal suo terapeuta, è molto vulnerabile” (Alfredo Canevaro, 2010).

Diventare Psicoterapeuti

L’esercizio dell’attività psicoterapeutica è subordinato a una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia, attivati ai sensi del DPR 10 marzo 1982, n. 162, presso scuole di specializzazione universitaria o presso istituti a tal fine riconosciuti[…].
Agli psicoterapeuti non medici è vietato ogni intervento di competenza esclusiva della professione medica. Previo consenso del paziente, lo psicoterapeuta e il medico curante sono tenuti alla reciproca informazione.

Cosa non è

Lo Psichiatra è un medico specializzato in psichiatria e non è necessariamente Psicoterapeuta quindi non può fare Psicoterapia. Lo stesso dicasi per il Neurologo, il Neuropsichiatra che però condividono con lo Psicologo l’utilizzo di alcuni strumenti (es. Colloquio clinico). Lo Psicologo, lo Psichiatra, il Neurologo, il Neuropsichiatra non possono praticare la Psicoterapia se non specializzati.

Il Counsellor non è uno psicologo, quindi non può utilizzare gli strumenti propri dello psicologo e non può specializzarsi in Psicoterapia. Quando però si parla di Counselling psicologico si fa riferimento all’attività di counselling fatta da uno psicologo con specifiche competenze ed esperienze.

La relazione

Definizioni

La Relazione (dal latino referre: “portare qualcosa”, “riferire”) indica nel suo significato etimologico uno scambio, qualcosa che lega in qualche modo una cosa a un’altra. In Psicologia può essere considerata come fenomeno originario rispetto alla costituzione individuale, nel senso che l’individuo si costituisce sempre a partire da una relazione e non come individualità isolata che instaura relazioni (adatt. da Galimberti, 2003). Pensiamo al bambino neonato: “appena nasce, subito tutti gli stanno addosso, lo salutano, fanno scene grandiose per la nascita e dicono “Ci sei, ci sei” tanto che dopo un po gli danno un nome”. Non c’è niente al di fuori della relazione; […] l’essere umano esiste solo in relazione a qualcuno. Se non c’è relazione questa persona non c’è. (tratto da Cecchin, 2008). 

 La Relazione in Terapia

Per spiegare la Relazione in Terapia ci serviamo dei concetti Psicoanalitici di Transfert e Contro-Transfert. Il primo riguarda il Paziente, il secondo il Terapeuta. In generale il Transfert designa un meccanismo psicologico inconscio  per il quale una persona proiettata e riproduce su altre persone (es. Psicoterapeuta), modalità di relazioni più antiche e in particolare situazioni conflittuali infantili verso i genitori o quelle persone che sono state particolarmente significative per il soggetto (caregivers) e introiettate. In particolare è la condizione emotiva che caratterizza la relazione tra il Paziente nei confronti del Terapeuta, e in senso specifico il trasferimento sulla persona del Terapeuta delle rappresentazioni inconsce proprie del Paziente. Il transfert del Terapeuta sul Paziente è chiamato Contro-Transfert. (fonti: Galimberti, 2003; Godfryd, 1994; Sillamy, 1995).

 Il fine della Relazione Terapeutica

La relazione terapeutica ha dei fini ineludibili: aumentare la conoscenza che si ha di sé e degli altri e migliorarne la capacità di modulare le emozioni penose che il vivere umano sembra necessariamente comportare (Liotti e La Rosa, 1991).

Il paziente

Le persone non chiedono una psicoterapia ma esprimono una sofferenza e saranno i tecnici a convogliare questa richiesta verso una risposta più o meno adeguata” (Andolfi, 2009).

Definizione

In quanti modi è possibile denominare chi chiede aiuto? Si potrebbe parlare di persona (dal latino “maschera” o “personaggio” e più tardi “il complesso delle qualità di un uomo/donna”), o utilizzare il termine cliente (dal latino “osservare”, “rispettare”, “presto ascolto”) o più banalmente paziente (dal latino “che soffre”, “patisce”) o infine utente (dal latino “colui che fa uso o gode di una cosa”)? Tali diversità terminologiche emergono dai differenti contesti in cui c’è qualcuno che chiede aiuto e dall’approccio cui lo Psicologo fa riferimento.

Quel che è certo è che chi chiede aiuto è uno dei protagonisti o quanto meno bisogna che lo sia.

Il paziente è protagonista perché: “… conosce la propria vita e deciderà che cosa dire, quando e come, al terapeuta, man mano che la sua fiducia aumenta e la sua paura diminuisce. La malafede  è l’unica contraddizione assoluta della psicoterapia. Noi terapeuti non possiamo che prendere per buono quello che i pazienti dicono”. (A. Canevaro, 2010).

 Gli obiettivi del paziente

Gli obiettivi dei pazienti sono in generale molto specifici e comportano oltre il sollievo da sintomi penosi, il tentativo di risolvere i problemi esistenziali più urgenti.

Alcuni esempi:

  • bisogno di trovare un progetto esistenziale soddisfacente;
  • potersi staccare da una famiglia di origine vissuta spesso come soffocante o patogena;
  • riuscire a creare legami sentimentali soddisfacenti e duraturi;
  • superare la perdita di un familiare significativo o di un legame sentimentale.
  • ecc.

I disturbi

Primo, non curare chi è normale” (Allen Frances, 2013)

Le principali aree d’intervento di cui mi occupo

Le aree d’intervento qui indicate fanno riferimento ai criteri diagnostici del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi mentali (DSM IV-TR dell’APA – American Psichiatric Association; ora aggiornato al DSM V), alla Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-10 della OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità). Tale approccio è definito “descrittivo“.

Definizione

L’ansia è espressione di un conflitto interno che è importante indagare per poi rielaborarlo. E’ una forma di paura, un campanello d’allarme lanciato dall’Io che avverte un pericolo che va individuato. L’Io continua a svolgere le sue funzioni anche se con disagio e difficoltà. Il rapporto con la realtà appare quindi mantenuto. (Falabella, 2002). L’ansia non è di per sè un fenomeno patologico, ma assolve una importante funzione adattativa.

 Il problema

Il problema dei disturbi d’ansia non è la presenza dell’ansia in quanto tale, ma la sua presenza eccessiva al di fuori di un contesto realistico di allarme e di minaccia (Beck e Emery, 1985).

 Cosa fare?

Tali tipologie di problemi fanno parte della vita. Ma se il problema perdura da molto tempo e rende difficile (impossibile!) la vita personale, relazionale, lavorativa, sociale o solo una di queste è utile chiedere aiuto ad un professionista.

L’Umore è la tonalità o disposizione affettiva di base, ricca di tutte le istanze emozionali e istintive, che attribuisce ad ognuno dei nostri stati d’animo una tonalità gradevole o sgradevole, oscillanti tra i due poli estremi del piacere e del dolore. (Godfryd, 1994).  I disturbi dell’umore hanno come carattersitica predominante l’alterazione del tono dell’umore. Circa il 7-14% della popolazione soffre di qualche disturbo di questi tipi di disturbo (fonte: Manfredonia e Gazzillo, 2004).

Cosa sono

I Disturbi dell’Umore sono suddivisi in due grandi categorie: disturbi Depressivi (Maggiore e Distimico) e Disturbi Bipolari (Bipolare I, II e Ciclotimico). E’ possibile distinguerli, descriverli e diagnosticarli facendo riferimento alle caratteristiche di specifici Episodi di alterazione dell’umore che sono caratterizzati da determinati segni e sintomi; esempi di Episodi sono: “episodio depressivo maggiore”, un “episodio maniacale” o “ipomaniacale” e uno misto che tiene in sè l’uno e l’altro.

Disturbo Depressivo

Disturbo Bipolare

  • Bipolare I
  • Bipolare II
  • Ciclotimico

Definizione di Personalità

Un’organizzazione di modi di essere, di conoscere e di agire, che assicura unità, coerenza, continuità, stabilità e progettualità alle relazioni dell’individuo con il mondo[…] Si ha motivo di ritenere che la personalità sia una costruzione che si compie nel corso dello sviluppo individuale attraverso i continui scambi  che si realizzano tra l’organismo e l’ambiente (da Caprara e Pastorelli, 1997).

 

Il Disturbo di Personalità

Le persone che hanno un disturbo di Personalità seguono un modello di rappresentazione mentale, di comportamento e di esperienza interiore che devìa marcatamente rispetto alle aspettative della cultura di appartenenza. Tale modello è inflessibile e pervasivo. Determina un disagio clinicamente significativo, compromette il funzionamento sociale, lavorativo e altre aree di vita. E’ un disturbo rigido su cui si radica la personalità dell’individuo, la sua organizzazione mentale e il suo equilibrio (da Falabella, 2002). (si veda tabella sotto). Tale modello si manifesta nelle aree della Cognitività (modi di percepire e interpretare se stessi, gli altri, gli avvenimenti), Affettività (varietà, intensità, labilità, adeguatezza risposta emotiva), Funzionamento InterpersonaleControllo degli impulsi.

La diagnosi di disturbo di personalità si basa sul funzionamento a lungo termine della persona, aldilà degli eventuali eventi stressannti specifici, al di là dei vari sintomi, al di là dei periodi più o meno lunghi di difficoltà o di crisi (Sanavio & Cornoldi, 2002).

 

PRINCIPALI DISTURBI DI PERSONALITA’

GRUPPODISTURBOALCUNE CARATTERISTICHE
AParanoidePresentano atteggiamenti eccentrici o comunque fuori dal comune.
ASchizoidePresentano atteggiamenti eccentrici o comunque fuori dal comune.
ASchizotipicoPresentano atteggiamenti eccentrici o comunque fuori dal comune.
BAntisocialeSpesso appaiono imprevedibili, inaffidabili, impulsivi.
BBorderlineSpesso appaiono imprevedibili, inaffidabili, impulsivi.
BIstrionicoSpesso appaiono imprevedibili, inaffidabili, impulsivi.
BNarcisisticoSpesso appaiono imprevedibili, inaffidabili, impulsivi.
CEvitanteAppiono spesso paurosi.
CDipendenteAppiono spesso paurosi.
COssessivo- CompulsivoAppiono spesso paurosi.

 

Definizione

Con le locuzioni Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), o Disturbi Alimentari Psicogeni (DAP), si indicano quelle problematiche che concernono il rapporto tra gli individui e il cibo.

Prima si credeva che tali disturbi (sopratutto l’anoressia e la bulimia) riguardassero solo le donne adolescenti; sono numerosi i casi di uomini anoressici anche adulti, di anziani e anche bambini con DCA. In percentuale però la casistica è ampiamente sbilanciata verso le ragazze adolescenti.

 Tipologie Principali

I DCA sono stati suddivisi in cinque tipologie principali:

  1. Anoressia nervosa.
  2. Bulimia nervosa.
  3. Disturbo da alimentazione incontrollata (Binge Eating Disorder).
  4. Obesità.
  5. Picacismo.

Ogni tipologia ha diverse varianti e sottotipologie. E’ importante sottolineare che questa classificazione non è rigida, e che i pazienti tendono a muoversi più o meno facilmente da un tipo (o da un sottotipo) a un altro, in relazione alla risposta alla terapia, alla natura del loro carattere etc.

Alcuni disturbi solitamente vengono diagnosticati per la prima volta, nell’Infanzia, nella Fanciullezza o nell’adolescenza. Questo non accade sempre almeno per i disturbi particolarmehte evidenti (es. disturbi della comunicazione, disturbi pervasivi dello sviluppo).

Nella tabella sotto sono elencati.

DenominazioneArticolazioneNote
Ritardo Mentale  
Disturbi dell’apprendimento
  1. Disturbo della Lettura
  2. Disturbo del Calcolo
  3. Disturbo dell’Espressione Scritta
Per approfondimenti si veda nel Sito l’area Psicologia Scolastica

Disturbi

della Comunicazione

  1. Disturbo della Espressione del Linguaggio.
  2. Disturbo Misto della Espressione e della Ricezione del Linguaggio.
  3. Disturbo della Fonazione.
  4. Balbuzie.
 
Disturbi Pervasivi dello Sviluppo
  1. Disturbo Autistico.
  2. Disturbo di Rett (dopo i 5 mesi).
  3. Disturbi Disintegrativo dell’Infanzia (dopo i 2 anni).
  4. Disturbo di Asperger.

Oggi si parla di Disturbo dello spettro autistico.

Questi disturbi toccano tutti le aree della comunicazione verbale e non verbale e della relazione.

Disturbo da Deficit di Attenzione e da Comportamento Dirompente
  1. Disturbo da deficit Attenzione/Iperattività (ADHD).
  2. Disturbo della Condotta.
  3. Disturbo Oppositivo Provocatorio.
 
Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione dell’Infanzia o della prima Fanciullezza.
  1. Pica.
  2. Disturbo di Ruminazione.
  3. Disturbo della Nutrizione.
Si veda anche nel Sito i Disturbi del Comportamento Alimentare.
Disturbi da Tic
  1. Disturbo di Tourette.
  2. Disturbo Cronico da Tic Motori o Vocali.
  3. Disturbo Transitorio da Tic.
 
Disturbi della Evacuazione
  1. Encoprèsi.
  2. Enurèsi.
 
Altri Disturbi dell’Infanzia, della Fanciullezza e dell’Adolescenza.
  1. Disturbo d’Ansia di Separazione.
  2. Mutismo Selettivo.
  3. Disturbo Reattivo dell’Attaccamento dell’Infanzia o della Prima Fanciullezza.
Si veda anche nel Sito i Disturbi d’Ansia.

Definizione

I disturbi somatoformi hanno in comune il fatto che il soggetto esprime il disagio psichico attraverso il corpo. La presenza di sintomi fisici fanno pensare a malattie di natura somatica. (Fonti: Falabella, 2002; Lingiardi, 2004).

 Il problema

In generale questi disturbi rientrano nell’ambito di una grave nevrosi. Infatti il conflitto nevrotico non è mentalizzato e quindi spostato su un piano somatico.

Quali sono?

  • Disturbo di Somatizzazione
  • Disturbo di Conversione
  • Disturbo Algico
  • Ipocondria
  • Dismorfismo Corporeo

Caratteristiche

  1. Produzione o simulazione intenzionale di segni o sintomi fisici o psichici;
  2. La motivazione di tale comportamento è di assumere il ruolo di malato;
  3. Sono assenti incentivi esterni per tale comportamento. (Fonte: DSM-IV-TR)

La patologia fittizia – che deve essere distinta dall’ipocondria, da manifestazioni iatrogene, dalla non compliance o da artifici di laboratorio – prende comunemente il nome di sindrome di Munchausen. Il nome della sindrome deriva dal Barone di Münchhausen (Freiherr Karl Friedrich Hieronymus von Münchhausen, 1720-1797), un nobile tedesco, che era noto per raccontare molte storie fantastiche ed inverosimili su se stesso.

 

In cosa consiste? 

Le persone con tale sindrome fingono la malattia od un trauma psicologico per attirare attenzione e simpatia verso di sé.
La sindrome di Munchausen è legata alla sindrome di Münchausen per procura, il cui disturbo mentale affligge per lo più donne madri che arrecano un danno fisico al figlio/a per attirare l’attenzione su di sé. Una lettura psicoanalitica e psicodinamica direbbe che il bambino viene usato per appagare un desiderio, inconscio, del genitore di mettere in atto un dramma personale e rinforzare la relazione con medici o ambiente ospedaliero.

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